Il festival è un evento organizzato dalla testata Rockit, che un paio di volte all'anno (febbraio e giugno di solito) raduna in una nottata musicale molte delle voci più interessati del panorama indie italiano.
L’edizione invernale quest’anno si tiene agli East End Studios.
Dopo una breve, e pungente di gelo, attesa in coda, entriamo a circa a metà esibizione di Dente, sul palco principale.
Qualche brano del nuovo "Io tra di noi" (Ghost Records & Publishing 2011), che come i vecchi "Buon appetito", "Baby building", "Vieni a vivere con me", "Non c'è due senza te" segnano la cifra di Dente: su una melodia easy, semplice senza essere banale, i testi scorrono leggeri intrufolandosi nel vissuto quotidiano, sorprendendo talvolta con affondi cinici che rendono lo spessore della lirica del cantautore fidentino.
Tra una canzone e l'altra Dente scherza con le sue canzoni e con il pubblico, un po' statico, come capita talvolta nelle manifestazioni in cui suonano diversi gruppi anche molto diversi tra loro: ti trovi a sentire un live di un artista che magari consoci appena o, non hai mai sentito.
Qualche battuta e Dente pare abbia conquistato tutti, tranne forse gli organizzatori della serata che "tagliano sempre la scaletta" (Dente dixit).
Al termine di Dente c'è giusto il tempo per guardarsi un po' intorno e fare un giro nelle altre sale.
In una di queste si svolgono dei live paint di giovani fumettisti, al banchetto si possono acquistare i loro libri e quelli di Agenzia X delle Edizoni ISBN.
Inizia quindi il concerto successivo, sul palco più piccolo.
Suonano i Dumbo get mads, italiani emergenti che hanno già qualche passaggio nel celebre blog californiano The Needle Drop.
Avevo sentito uno dei loro brani proprio in una delle compilation di Rockit e mi avevano colpito: "Electric prawn" cattura per il suo sound psichedelic '60 e il testo assurdo.
Si presentano con una intro molto dilatata e psichedelica. Sul palco ci sono chitarra, basso, batteria, tastiere e un ipad.
Nonostante la pessima acustica della sala (le lamentele giravano tra il pubblico anche per gli altri live), riusciamo a goderci le chitarre '60, i sintetizzatori dal gusto '70, le belle voci e l'aria ironica e sicura del gruppo.
I Dumbo get mads hanno al loro attivo un album "Elephants at the door" (Bad Panda Records, 2011) e iniziano ora il loro tour in giro per l'Italia, spero davvero di risentirli.
In attesa dell'ultimo concerto ispezioniamo il resto del festival: oltre ai palchi e alla sala del live paint, c'è un salone molto ampio dedicato al mercatino di urban-artigianato e vintage. Mille banchetti di magliette, bigiotteria, manufatti vari e qualche piccolo editore.
Rieccoci quindi sul palco più piccolo a sentire La casa del Mirto.
Il trio trentino (trotterella... ok l'ho scritto) è un raffinato elaboratore di suggestioni '80-'90, strutturate su pezzi levigati e definiti nei dettagli dell'elettronica contemporanea (pensate agli Air).
Il loro ultimo lavoro "The nature" (Mashhh! 2011) è uscito a pochi mesi dal precedente “1979” (Mashhh! 2011), una tempistica inusuale.
Grande attesa per gli ospiti eccezionali di questo ultimo live: i Righeira! Il duo electro-pop che ha posto delle pietre miliari nella canzone italiana da vacanza marittima.
Saltano sul palco Johnson Righeira, con un superlativo cappello di pelliccia (finta?) in linea con la temperatura esterna, e Michael Righeira zompettante come un calciatore prima della partita. Il suono della tastiera dancereccia anni '80 conquista subito il pubblico. L'entusiasmo e lo slancio di questo incredibile duo sembra lo stesso di quando comparivano al Festivalbar con la cresta squadrata e le giacche con spalline alla Mazinga.
Chiudono l'esibizione su un pubblico lanciato nel coro "Vamos a la playa" e lo fanno col botto: Johnson estrae una rivoltella (giocattolo, ovvio) e spara a tutti quelli che sono sul palco con lui.
Delirio degli astanti, il coro da spiaggia prosegue a scena vuota. Pochi minuti e La casa del Mirto e i Righeira accontentano una sala che ha ancora voglia di riempire l'aria di spiaggia e sombrero.